Dalle origini al dopoguerra: riorganizzare il sistema industriale e bancario per superare la crisi (1933-1945)
L'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) fu istituito il 24 gennaio 1933, inizialmente come ente pubblico temporaneo, per far fronte alla gravissima crisi bancaria ed industriale dell'economia italiana di quegli anni. Al centro della crisi vi erano le tre maggiori banche (Banca Commerciale Italiana, Banco di Roma, Credito Italiano): banche
miste (sul modello tedesco) che svolgevano sia la funzione di banche commerciali che di banche d'investimento anche con partecipazione al capitale delle imprese. Tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento le banche miste avevano in effetti svolto un importante ruolo di sostegno allo sviluppo economico italiano, fronteggiando la scarsità di capitale di rischio del sistema imprenditoriale italiano.
La crisi italiana, innestata dall’impatto deflazionistico conseguente alla decisione (1927) di rivalutazione della lira (c.d. quota 90) oltre a risentire dell'onda recessiva diffusasi dopo il crollo di Wall Street del 1929, presentava sue caratteristiche specifiche. La caduta produttiva, era particolarmente accentuata nelle maggiori imprese, specie di settori, come siderurgia e meccanica, che avevano ampliato considerevolmente investimenti ed impianti, spinte anche dalle commesse pubbliche legate alle esigenze della Prima Guerra Mondiale. Una parte considerevole di queste imprese erano entrate in grave crisi e, con esse, le banche che le avevano sostenute inizialmente con finanziamenti e partecipazioni, fino ad assumerne talvolta il controllo, con fitto intreccio di interessi reciproci. Questa situazione, che aveva già portato nel 1921 alla caduta della Banca Italiana di Sconto, rischiava così di provocare il fallimento delle maggiori banche nazionali.
L'IRI nacque con il compito di affrontare il problema del risanamento bancario e al tempo stesso di procedere alla riorganizzazione delle partecipazioni nelle imprese che erano detenute dalle banche. Da questo compito derivava la sua denominazione: Istituto per la
Ricostruzione Industriale.
Il disegno e la guida dell'operazione furono opera di Alberto Beneduce, tecnico ed amministratore di alto profilo, che fu il primo Presidente dell'IRI. Egli faceva parte di un gruppo di tecnici che avevano collaborato nell'Italia dei primi due decenni del secolo con due preminenti statisti, Giovanni Giolitti e, soprattutto, Francesco S. Nitti. Essi ritenevano che fosse necessario per lo sviluppo economico e sociale del Paese un intervento pubblico di sostegno che avesse caratteristiche di imprenditorialità ed efficienza, in un quadro di autonomia gestionale. In quegli anni la scelta di una personalità quale Beneduce, che era stato stretto collaboratore di Nitti, poi deputato socialista riformista e Ministro nel Governo Bonomi e che anche se aveva abbandonato la vita politica attiva dopo il 1922, non era comunque iscritto al partito fascista, appare dettata dall'esigenza, in un momento di grave crisi, di ricorrere ad un tecnico di indubbia capacità e prestigio, indipendente da interessi particolari. Beneduce chiamò come suo principale collaboratore Donato Menichella , che nel 1934 fu nominato Direttore Generale.
Con l'istituzione dell'IRI, fu realizzata una complessa operazione articolata in due grandi interventi:
- riorganizzazione del sistema bancario, con la separazione fra banche commerciali e banche d'investimento, e rafforzamento del ruolo di regolazione e vigilanza della Banca d'Italia, che furono sanciti dalla nuova legge bancaria del 1936;
- riallocazione delle partecipazioni di controllo detenute dalle tre maggiori banche nelle imprese: per una parte di queste fu realizzato il trasferimento a privati; un'altra parte non trovò invece pratica possibilità di essere trasferita a causa dell'elevato fabbisogno d'investimento necessario e della riluttanza degli operatori privati ad assumere rischi a lungo termine, ma anche per l'opposizione espressa in sede governativa a trasferire attività che presentavano caratteri monopolistici sotto il controllo di concentrazioni private e che ne avrebbero aumentate il peso.
Il 24 giugno 1937 l'IRI diventa Ente permanente, con due sezioni:
- "sezione bancaria" costituita dalle tre banche (definite Banche di interesse nazionale, c.d. BIN), cui fu assicurata stabilità della maggioranza di controllo del capitale azionario, ma anche autonomia nella gestione;
- "sezione industriale" costituita dalle partecipazioni di controllo delle imprese (sia industriali che di servizi) trasferite dalle banche.
Al centro del sistema vi era quindi l'IRI: holding controllata al 100% dal Tesoro che assunse la forma di Ente pubblico di gestione. Le imprese, a loro volta, controllate dall'IRI erano società commerciali di diritto privato, sottoposte alle stesse regole di queste; esse avevano talvolta significative partecipazioni di privati nel loro capitale sociale, e in diversi casi, erano quotate in borsa.
Le società controllate dall'IRI erano presenti in settori di grande rilievo del sistema produttivo dell'epoca: siderurgia, cantieri navali, industria meccanica ed elettromeccanica, gestione di grandi reti di servizi (linee di navigazione marittime di interesse nazionale; parti significative delle reti telefoniche ed elettriche). L'IRI promosse la loro riorganizzazione che interessò interi settori dell'economia nazionale. Le esigenze belliche, poi, conseguenti alla politica del fascismo e alla Seconda Guerra Mondiale spinsero lo sviluppo di stabilimenti in settori dell'industria meccanica, connessi agli armamenti, molti dei quali localizzati nell'aerea napoletana.
Estensione e varietà delle attività delle imprese controllate motivarono l'istituzione delle c.d. "Finanziarie di settore", praticamente "sub holding" cui, sotto la responsabilità dell'IRI, furono delegate funzioni di controllo e coordinamento tecnico e finanziario di imprese operanti in attività omogenee. Già nell'ottobre 1933 fu istituita la prima finanziaria: la Stet, che raggruppava le partecipazioni nel settore telefonico.
Con il passaggio ad Ente permanente nel 1937 era stato assegnato all'IRI un fondo di dotazione. Ma il finanziamento delle attività delle sue aziende venne assicurato, in misura prevalente, attraverso emissioni di obbligazioni (anche convertibili in azioni delle società) ed anche con il ricorso per le società quotate al mercato azionario.
La gestione delle imprese venne, per questa via, condotto al principio della redditività. Si venne così configurando un sistema diverso rispetto a quello delle tradizionali imprese nazionalizzate, con una sua peculiarità, che in seguito venne definito "formula IRI".
I drammatici eventi della Seconda Guerra Mondiale comportarono distruzioni di impianti e, nella fase finale, la spaccatura della sede dell'IRI: una al Nord, sotto la sovranità della Repubblica di Salò e dell'autorità militare tedesca di occupazione, ed una ripristinata a Roma, dopo la sua liberazione, nel 1944.
Per una ricostruzione analitica delle vicende dell'IRI, si rinvia all'opera "Storia dell'IRI", edita da Laterza in sei volumi, pubblicati tra il 2012 e il 2014.