I grandi choc (petrolio, salari, inflazione) e l’emergere di gravi difficoltà (1974-1980).
A metà degli anni '70 l'IRI fu coinvolto nella crisi che sconvolse l'Italia, in misura anche più acuta degli altri principali paesi europei. Quel decennio fu caratterizzato da profondi mutamenti: rottura della stabilità dei cambi, quadruplicarsi del prezzo del petrolio, mutamenti nelle relazioni industriali e incremento elevatissimo del costo del lavoro, esplosione dell'inflazione, crisi della bilancia dei pagamenti e della finanza pubblica, decisivo rallentamento nella crescita (e nel 1975 la prima recessione dal dopoguerra), instaurarsi di un'età di incertezze.
Questo susseguirsi di mutamenti colsero l'IRI mentre le imprese del Gruppo avevano in corso di realizzazione un programma di investimenti di dimensioni eccezionali, che erano maturati in un contesto di prevalente fiducia nella continuità dell'espansione e nella governabilità dei fattori produttivi.
I programmi risentivano, in alcuni casi, di valutazioni manageriali risultate errate, che si intrecciavano con spinte derivanti da orientamenti di governo influenzati anche dalle acute tensioni sociali che connotarono quegli anni ("anni di piombo"). In questa situazione fu addossato al gruppo IRI il salvataggio di attività in crisi anche di imprese private. Se nei due precedenti decenni investimenti e occupazione del Gruppo avevano registrato una crescita molto elevata (ma sostenibile in termini di equilibro dei conti economici, sia pure con crescente difficoltà nell'ultima parte del periodo), negli anni '70 il loro tasso di incremento esplose - con un incremento, rispetto agli anni '60, dell'80% per gli investimenti; del 54%, per l'occupazione (che raggiunse oltre 500 mila addetti) - in evidente controtendenza con l'andamento dell'intero settore nazionale dell'industria e servizi nel periodo (che registrò aumenti rispetto al decennio precedente di gran lunga inferiori a quelli del gruppo IRI e cioè: 25% negli investimenti e 15% nell'occupazione). Si può ritenere che ciò abbia contribuito alla tenuta del Paese. Ma i conti complessivi dell'IRI si squilibrarono gravemente, con risultati crescentemente in deficit dal 1975.
La crisi del mercato obbligazionario e la difficoltà di ricorso al mercato azionario, fonti centrali del finanziamento del gruppo IRI, mettevano così in primo piano il problema dell'adeguamento del fondo di dotazione e quello della crescita all'indebitamento bancario. Il primo configgeva con le difficoltà della finanza pubblica; il secondo comportava forte aumento degli oneri finanziari con relativo squilibrio nei conti economici. Le complesse condizioni di equilibrio tra intervento pubblico e mercato che avevano consentito il successo della "formula IRI" furono così messe in crisi.