Civiltà delle macchine
CIVILTA' DELLE MACCHINE - LA CULTURA D'IMPRESA
"Molte cose, nella storia del rapporto tra impresa e cultura, ebbero inizio con Civiltà delle Macchine. Anzitutto la stessa nozione di "cultura d'impresa", che Leonardo Sinisgalli, il primo direttore della rivista - promossa nel 1953 dalla Finmeccanica e dal 1958 al 1979, con la direzione di Francesco d'Arcais, edita da Edindustria per conto dell'IRI e del Gruppo - prospettò non soltanto come una cultura del fare, già di per sé innovativa sotto il profilo dei mezzi e dei fini, ma anche come una cultura del dire, matrice di nuovissimi modi di percepire e di rappresentare il mondo. Per quasi trent'anni Civiltà delle Macchine ha registrato e commentato, da un lato, gli sviluppi tecnologici e organizzativi del Gruppo IRI; dall'altro, le problematiche di un contesto economico, sociale e culturale, che assume il valore di un riferimento programmatico già nelle prime attestazioni di interesse da parte di Carlo Emilio Gadda e Alberto Moravia.
[
"L'ARCO E LA CETRA. Impresa e cultura nei 60 anni del Gruppo IRI", Edindustria, Roma, 1993]
"Probabilmente anche nelle nazioni dove si legge molto più che da noi e dove c'è molta più ricchezza, una rivista simile esigerebbe il mecenate". Così scriveva Dino Buzzati nel 1956 al fondatore e direttore di "Civiltà delle Macchine", Leonardo Sinisgalli. [...] Buzzati ne aveva intuito l'intrinseca connessione con la sua matrice imprenditoriale. Aveva cioè intuito come [...] l'impresa italiana avesse bisogno di un mezzo di comunicazione con la realtà di un paese che ancora percepiva le macchine, e in particolare il macchinismo industriale, quale corpo estraneo, essenziale ma incombente, preoccupante e comunque ancora tutto da assimilare. In questa ottica di una laboriosa e difficile conciliazione, non stupirà che un'altra associazione venisse a consolidare quella tra "Civiltà delle Macchine" e l'impresa: l'associazione tra la rivista e il mondo delle arti figurative, che [...] un altro grande letterato, Giuseppe Ungaretti, poneva in rilievo precedendo analoghe considerazioni di Gadda, Moravia, Ferrara, Tofanelli, tra gli altri: "La rivista si propone di richiamare l'attenzione dei lettori anche sulle facoltà strabilinati di rinnovamento estetico della macchina". [...] prendendo spunto dalla ambivalenza del macchinismo industriale, che dallo spirito del tempo era vissuto come opportunità e come rischio insieme, l'impegno artistico era chiamato a esprimere il recupero di una comune finalità culturale e morale, a sigillare il nuovo patto tra l'impresa che deve cambiare il paese che vuole cambiare." [Giampiero Jacobelli,
IRIARTE, Antico e Moderno nelle collezioni del Gruppo IRI, catalogo Electa della mostra di Palazzo Venezia, 1989, p. 249]