La collezione acquarelli di Giorgio De Chirico
Nel 1961 l’IRI commissionò a Giorgio de Chirico dieci acquarelli rappresentativi dei settori in cui allora operava il Gruppo. Nuovissima l’idea, nuovissima la realizzazione, che associava le varie attività produttive ai miti dell’antica Grecia. Ma nessuno potrebbe raccontare meglio di de chirico quelle “imprese d’arte”.
“Il nome IRI, a me pittore e non uomo d’affari, ricorda la colorata messaggera di Giove, il che non vuol dire che non sappia che cosa sia l’IRI anche se mi pare una cosa un po’ complicata. Come fare a non saperlo? Per il telefono mi devo rivolgere ad una società dell’IRI, la mia banca è una banca dell’IRI, quando feci il viaggio in America la nave era dell’IRI, costruita in cantieri dell’IRI, con acciaio fabbricato dall’IRI. In aereo non viaggio perché ho paura, ma anche gli aerei italiani sono dell’IRI.
Mi piace guidare la macchina e se non ho un’Alfa Romeo, che è dell’IRI, è perché fabbrica macchine troppo veloci. A me piace guidare tranquillamente: e sono contento che vi siano delle autostrade le quali sono dell’IRI.
Ma più della macchina mi piace la televisione. Ho definito la televisione la spesa di cui non ci si pente mai ed anche la televisione è dell’IRI.
A parte il nome, che di per sé era un richiamo alla mitologia greca, quando mi è stato richiesto di fare una serie di disegni colorati dedicati all’attività dell’IRI mi è parso che il modo più poetico e che maggiormente rispondeva al mio modo di sentire ed alla mia ispirazione fosse questo. E d’altra parte i grossi complessi finanziari sono il mito del nostro tempo. Dopo quanto detto sopra non c’è che elencare i soggetti ed i riferimenti mi sembrano molto stretti. Giove con i fulmini può ricordare l‘IRI come le industrie produttrici di energia elettrica.
Facile è l’accostamento degli aerei dell’Alitalia al cavallo alato Pegaso. Ed ancora più facile ravvicinare nell’officina di Vulcano gli antenati della Finsider e della Finmeccanica, come in Giasone che alla falde del Pelio costruisce la prima nave, il precursore della Fincantieri ed al tempo stesso, come navigatore a capo degli Argonauti, della Finmare. Il lavoro di Brianeo e dei Ciclopi non era diverso, seppure faticoso, da quello dei costruttori di autostrade o, per ricordare la mia infanzia, dei costruttori di ferrovie, come faceva mio padre che era ingegnere ferroviario in Grecia.
Lavoro ben più sottile, senza arrivare alla tela di Penelope, è quello di tessere, dove l’intelligenza e la mano devono agire di conserva; la metamorfosi di Aracne mi è parsa suggestiva. Il telefono porta da lontano i messaggi a viva voce e l’accostamento al portavoce di Giove era immediato, donde Mercurio Messaggero.
Adoro la televisione perché mi diverte e mi stimola la fantasia, ma per quanto stimolante essa sia e per quanto pochi uomini conoscano bene come me che ci sono nato la mitologia greca, non ho potuto pensare che a una nuova musa. Ma che nome darle? E chi mi avrebbe capito? Ho pensato dunque che era meglio scegliere fra le nove fanciulle di Elicona quelle come Polimnia, Tersicone, Erato, Euterpe, Melpomene e Talia, tutte interessate alla TV lasciando in disparte le atre tre più sagge e scienziate. Non è quindi per pigrizia o per distrazione che ho disegnato soltanto le muse, ma a ragion veduta.
E per ultimo ho composto, pensando ad Edindustria, la casa editrice che cura le pubblicazioni dell’IRI, la vita silente con il busto di Minerva e i libri.
Come in tutte le cose che faccio, anche in questi acquarelli ho messo il massimo impegno perché, contrariamente ai critici ed ai pittori astrattisti, sono un lavoratore. E credo sia proprio per questa mia qualità di lavorare che un grande gruppo come l’IRI si è rivolto a me”
Giorgio de Chirico